Piena consacrazione a Cristo
Chiamata a vivere un impegno secolare tra le realtà di questo mondo, la sorella cerca la libertà dalla schiavitù delle cose e, alla sequela di Cristo povero, orienta ogni bene al suo Regno facendone così risplendere l’inestimabile valore al di sopra di ogni altro.
Sentendosi investita della missione di Cristo, vuole farsi veramente obbediente a Dio Padre. Chiamata ad una maternità spirituale, sceglie la via della castità per essere del tutto disponibile ai fratelli.
Come Gesù ha vissuto, per trent’anni, questa dimensione spirituale nella vita quotidiana e ordinaria, non distinguendosi dagli altri abitanti di Nazareth, così ella vive la sua consacrazione nella quotidianità e nell’anonimato, condividendo la situazione di vita dei fratelli, ai quali si sente profondamente vicina nell’amore salvifico di Cristo.
Esistenza orante
Ogni consacrata dell’Unione Carmelitana Teresiana alimenta la sua vita e dà contenuto alla sua testimonianza nel mondo, con la ricerca costante di un rapporto sempre più intimo, personale e continuo con Dio. Nella preghiera, alla scuola di santa Teresa di Gesù e di san Giovanni della Croce, lo sente Padre, Amico, Sposo, Fratello e compagno di viaggio.
Per rinnovare la certezza che Gesù è con noi tutti i giorni, sino alla fine del mondo, vive in spirito di preghiera e, nella propria giornata, trova uno spazio – quello che meglio si confà col ritmo dei suoi impegni – per stare da sola a sola con Dio, secondo lo spirito del Carmelo Teresiano.
Vuole tenere acceso nel mondo il fuoco dell’amore di Dio tra i fratelli e aiutarli ad accogliere con disponibilità il Signore che sta alla porta di ognuno e non attende altro che di essere invitato a entrare. Debole come tutti, ma forte della presenza di Dio costantemente rinnovata, ne vuole testimoniare soprattutto la tenerezza e la misericordia. Perché il mondo creda all’Amore.
Sorelle e madri
Fedele alla prima ispirazione del Fondatore, ogni sorella dell’Istituto ama appassionatamente Cristo Salvatore e Sacerdote e, in spirito di fede, lo riconosce soprattutto nei suoi Apostoli, dal successore di Pietro, fino all’ultimo parroco di campagna.
Da vera sorella e madre, sull’esempio di Maria e delle donne che seguirono Gesù dalla Galilea al Calvario, offre l’aiuto spirituale e la collaborazione, nella misura delle sue possibilità, ai sacerdoti, in particolare ai Carmelitani, e li accompagna fraternamente nel cammino di fedeltà alla loro missione.
“Quasi come la Madre di Dio, e molto più certo di qualunque madre terrena, porta nel cuore un mistero di vita di un’eccezionale responsabilità: Gesù nei suoi Sacerdoti, Gesù nei suoi chiamati, Gesù nelle sue Vergini… Gesù nelle membra più care al suo cuore” (P. Luigi dell’Immacolata).
Consapevole che “il numero e la qualità delle vocazioni è il segno della vitalità della Chiesa” (Giovanni Paolo II) opera attivamente per lo sviluppo delle vocazioni a una speciale consacrazione e si dedica anche alle necessità relative alla formazione dei futuri apostoli.
Spinta dallo spirito di fraterna collaborazione coi missionari del Vangelo e animata dal desiderio che il Regno di Cristo si estenda su tutta la terra, è aperta e disponibile anche al servizio missionario.
Dagli scritti del Fondatore
Sorelle e Madri
Quando io penso al volto di una madre compresa della tremenda e delicata responsabilità del suo ufficio comincio ad intravederti; se poi sullo sfondo dei secoli mi incontro con l’immagine di Maria sulle piste verso l’Egitto come nella casa di Nazareth, o presso la croce di Gesù come al centro del collegio Apostolico, allora ti vedo, ti comprendo e ti amo.
Anche tu, senza un abito che ti distingua, senza una clausura che ti separi dal mondo, senza un fare diverso da tutte le altre giovani, quasi come la madre di Dio e molto più certo di qualunque madre terrena, porti nel cuore un mistero di vita ed un’eccezionale responsabilità: Gesù nei suoi sacerdoti, Gesù nei suoi chiamati, Gesù nelle sue vergini…Gesù nelle membra più care al suo cuore, a te si affida. Limpida come una castissima vergine, amorosa come una fervida sposa, tenera, solerte, dimentica di te come la più consapevole delle madri, tu dovrai nella Chiesa, quasi confusa tra i figli della Chiesa, pregare, vigilare, operare e soffrire, non tanto per Gesù nei suoi bimbi o nei suoi malati quanto per Gesù nei suoi consacrati.
Il tuo volto perciò ammantato di semplicità deve saper loro parlare, come quello della vergine Madre, di immacolata purezza, di delicata carità, di materna comprensione, di elevata pietà, di ardente amore alle anime, di spogliamento da tutto: nel tuo volto il piccolo chiamato, come l’apostolo affaticato, o anche scoraggiato, come le membra sofferenti del consacrato, devono vedere il volto della Madre del loro Signore che viene col suo Gesù nel cuore per porgere loro in umiltà ed amore quel soccorso che tu devi e sai di poter dare.
– Da “La Stella del Carmelo”, Luglio-Agosto 1960
Figlie della Chiesa
Essere figlie della Chiesa significa anzitutto essere nate dall’amore di Cristo per la sua Sposa, essere state nutrite da quel latte che i Sacramenti della Chiesa ci hanno erogato e che è “sangue di Cristo”, essere cresciute con quel pane che alla mensa della Chiesa ci è stato offerto, e che è “corpo di Cristo”, essere state sorrette, animate e formate da quella parola che la Chiesa ci ha predicato e che è la “Parola stessa di Dio” per ciascuno di noi. Così il Cristo è cresciuto con noi e noi siamo sempre più divenuti la “sua Chiesa”.
Queste verità sondate da Teresa di Gesù nel corso della sua vita con tutta la sua intelligenza e il suo amore e non senza i carismi ricevuti dallo Spirito Santo, la condussero ad esplodere, alle soglie dell’eternità, nel suo intramontabile grido: “sono figlia della Chiesa!”.
Sarebbe certo fuori luogo pensare che questo grido non trovasse una eco profonda nel cuore di voi, sorelle, che vi ripromettete di essere “teresiane” in pienezza di spirito e di finalità.
Essere “figlie della Chiesa”, che è come dire essere state generate da tanta Madre, non mi pare però che, specie per voi, dica tutto. La vostra scelta di essere “Carmelitane Secolari” esprime, e lo sapete, anche il concetto e il programma di realizzare un “servizio di Chiesa” senza delimitazioni di sorta, proprio come la Vergine benedetta che voi ogni mattina salutate, “vostro modello”. Un servizio pieno, che include il dono totale di voi stesse e quindi di tutte le vostre possibilità e capacità, siate sane che malate, siate dotate o non lo siate, siate giovani e siate anziane, siate colte o meno.
Servizio, da vere figlie della Chiesa, che va dalla vostra personale e piena consacrazione a Dio e dalla pratica di una vita interiore generosamente vissuta (senza della quale non si può parlare di spirito teresiano), alla dedizione indefessa e amorosa di voi, in tutte quelle opere che vi sono in qualche modo demandate (…) e nelle quali il vostro amore fraterno e materno è chiamato in causa per rendere vivo, attuale e fecondo l’amore stesso della Chiesa e di Cristo nel mondo che ci circonda.
Di questa “super grazia” come la chiamerei, di essere state chiamate cioè a stabilire la vita al servizio del “Regno di Cristo”, siatene sempre più consapevoli e grate al Datore di tutti i beni.
– Da “Un Cuore Solo”, Ed. O.C.D., Lucca 1985 (N. 95)
Siate fermento
L’U.C.T. nacque col pensiero, ambizioso se volete, di affiancare il Carmelo, perché esso raggiungesse meglio il suo compito nel mondo. Quindi, modestamente quanto si voglia, ma essa fu ideata come forza trainante a fianco della grande famiglia teresiana.
Ne viene di conseguenza che, “in un mondo che cambia” e che coinvolge l’attività apostolica di tutta la Chiesa, così da impegnarla in un’attenta revisione della sua vitalità nel mondo di oggi, anche per il Carmelo e, conseguentemente per l’U.C.T., emerga la necessità di un attento aggiornamento della sua attività specifica. (…) Se ieri l’U.C.T. si inseriva nel Carmelo, per motivi strettamente contingenti, soprattutto con un servizio complementare di aiuto fraterno eminentemente domestico, una volta che le necessità dello stesso “Carmelo” si dilatino così da obbligarlo a riesaminare molto seriamente la fedeltà al suo carisma di fronte al mondo di oggi, credo che anche l’Unione debba diligentemente e seriamente, e proprio su questo punto, precisare la sua posizione apostolica, per definire meglio i suoi compiti, per mantenersi all’altezza del suo ruolo di ”forza trainante” per controllare la fedeltà al suo proprio carisma.(…)
In un secolo come il nostro, materializzato e materializzante, aperto al consumismo e perciò all’edonismo e all’egoismo, e volto quindi all’ateismo, urge come non mai farsi forza dirompente per aprire le coscienze e renderle disposte a recepire un rinnovato invito all’amore verso Dio e verso i fratelli nel senso tipicamente “teresiano”.
A me pare sia questo il compito che sovrasta oggi l’U.C.T. e le pone davanti il dilemma della sua ragione di essere o meno.
Ciò non toglie che essa debba cominciare proprio da casa sua, dalle comunità dove le sorelle sono impegnate, dalle parrocchie ove si sono responsabilizzate e, infine, da ogni settore di vita apostolica nel secolo, come la scuola, l’ufficio, l’industria, la famiglia… la stessa politica ove si desse il caso: poco importa il nome che distingue il “servizio”, purché resti e maggiormente diventi ecclesiale e teresiano, rivestendo perciò un ruolo altamente specifico e qualitativo… prima da rompighiacci e poi da incendiari!
Solo così l’U.C.T. potrà sperare di essere nel Carmelo di Teresa non un traino inefficace, ma una forza operante nel nostro mondo contemporaneo, ove né la sorella di clausura può spingersi se non con lo spirito, né il fratello religioso può sempre sentirsi accetto, ma che resta propriamente il campo di cooperazione nel secolo di un lavoro tipico ed irrepetibile da compiersi dalla sorella, messaggera dolce, serena ed attiva dello spirito teresiano fino là dove lo stesso Carmelo difficilmente potrebbe arrivare.
– Da “Un Cuore solo” (N.102)